Chissà cosa ha pensato quando ha visto l’Ariston Irene Ghiotto. Con quel suo look da centro sociale in una enclave di abiti lunghi. E siamo certi che salita sul palco avrà mormorato, tra sé e sé: certo che visto in televisione sembrava la piazza rossa. Questa ragazza veneta Sanremo lo ha vinto. Lei potrebbe dire non ho vinto ma ho vinto. Altro che Bersani. La abbiamo affrontata da scettici, colpa di un testo troppo cerebrale per il tempio delle canzonette. Ma la differenza è che a sto giro canzonette ce ne erano poche e alcune non si dimenticheranno presto. Anzi diventeranno la corolla intorno alla quale nasceranno tanti petali. E Area Sanremo, che insieme a Renzo Rubino la ha portata all’Ariston, si è dimostrata lungimirante, grazie anche alla sagacia di Paolo Giordano. Note Spillate ha incontrato Irene. Qualche giorno dopo la fine del Festival, del suo Festival. Ma soprattutto dopo avere ascoltato il suo disco, un florilegio di sei perle. Che prese da sole brillano ma infiate in un cd illuminano.
Come sta?
La vita non si è normalizzata. Per un po’ non si normalizzerà. Ma sono felice. Per la prima volta ho vissuto una settimana da artista.
Di solito non è così?
No, purtroppo. Si fanno altri lavori per amore della musica.
Ovvero?
Ho una laurea in Lettere.
Poi?
Studio filologia moderna.
Magari non servirà più.
Lasciamo perdere, una testa allenata serve sempre.
Che altro fa?
Ho una scuola di musica.
“Baciami?” è una canzone poco sanremese.
Seguo una strada. So che certe mie canzoni sono ostiche ma perchè dovrei snaturarmi?
La hanno criticata?
Sono abituata a sentirmi dire che i miei testi sono troppo intelettuali.
Il suo EP è di caratura superiore.
Grazie. E’ un primo passo.
Il secondo?
Un disco tutto mio. Ho già alcuni brani da parte altri arriveranno sulla spinta dell’ispirazione sanremese.
I tre momenti indimenticabili di Sanremo?
La prima volta che ho provato, dieci giorni prima del Festival. Ho pianto.
Il secondo?
L’infito bagno nella vasca dell’albergo a due ore dal debutto. Non riuscivo a calmarmi.
Il terzo?
I tre secondi prima della mia esibizione. Sul palco c’era il Cile. Una volta sul palco il mestiere e l’abitudine ti fanno partire, ma quei tre secondi sono…infiniti!
Concerti?
Qualcosa farò, ho scoperto il secret show e lo adotterò.
Come si è gratificata per la bella esperienza sanremese?
Ancora con nulla ma vorrei regalarmi un Farfisa per inventare suoni particolari.