Appaiono come fossero musicisti qualunque, Dave Gahn, Andy Fletcher e Martin Gore. E invece sono i Depeche Mode e per loro a San Siro sono in 58mila. Partono quasi timidi con “Welcome to my world” ma è solo un abbaglio, erché una delle band più amate, innovative e maledette di sempre in pochi minuti scatena l’inferno. Gahan che più volte l’infermo lo ha davvero visto da vicino è una furia, si muove sul palco come un pipistrello, alza le braccia impugnando l’asta del microfono come una lancia, rotea su se stesso. Arrivano “Angel”, “Walking in my shoes”, “Precious”, con visual di cani, e poi “Black celebration”. Che fornisce la sensazione di quello che sta accadendo.
Ormai è notte nel catino dello stadio. Il palco è sobrio perché non servono orpelli con una forza umana e musicale così imponente. Gahan balla con l’universo intero, Fletcher e Gore non sbagliano un colpo e intanto arriva il momento di “Policy of Truth”. Quindi “Should be higher”, “Higher love” e “Shake the disease” , cantate da Martin Gore.
Torna sul proscenio Dave Gahan e San Siro è una massa che ondeggia al ritmo di
“Heaven” e poi “Southe my soul”. Il maledetto Dave sembra pattinare sul palco, lui che ha vissuto mille vite, alcune le ha lasciate per poi riprenderle, altre le ha fumate, divorate, altre le ha accarezzate in famiglia, bene lui è il numero 1. Una maschera di fascino e cattiveria. A lui si può davvero perdonare tutto. Stupiti dal remix di “A pain that I’m used to”, riecco il divo Gahan accompagnato da un video black & white molto punkeggiante per una trascinante “A question of time” che si chiude con un battimani-boato, che visto dall’alto della tribuna stampa, dove siamo noi di Note Spillate, ha un effetto ipnotizzante.
E’ il momento di calare i jolly. E dunque “Aquestion of time”, “Secret to the end” e una monumentale “Enjoy the silence”: scritta una canzone così, che fa cantare tutti i popoli uno potrebbe anche smettere di fare musica. E’ e resta e resterà un capolavoro che San Siro accoglie tutti in piedi. Una ovazione che prosegue con “Personal Jesus” e con “Goodbye”.
E’ il momento dei bis, che si aprono con la versione acustica di “Home” affidata a Martin Gore. Poi il remix di “Halo” dei Goldfrapp e tutto è pronto per i saluti: “Just can’t get enough” ha una batteria che pare un uragano, “I feel you” lascia Gahan nudo dalla cintola in su, con un corpo tonico e tatuato che portata tatuata la sua vita, e “Never let me down again”. Si torna a casa con la testa che rimbomba. Viene davvero da dire che è il momento di godersi il silenzio…ma “Enjoy the Silence” è altra cosa, è la summa di un gruppo biblico.