Nove tracce inedite, due grandi amici Niccolò Fabi e Paola Turci come ospiti, un unico grande desiderio: emozionare e “spettinare” chi ascolta dando nuova vita al violino. Questo è “Big Bang”, primo disco dell’artista romano Andrea Di Cesare che, supportato dall’effetistica e dalla tecnologia stravolge il luogo comune del violino classico rendendolo pop rock. Note spillate l’ha intervistato per voi.
Che disco è Big Bang?
E’ un disco che all’ascolto si presenta come una novità sonora e stilistica. Sino ad oggi nessuno aveva mai azzardato a far si che il violino potesse, tramite la tecnologia, trasformarsi in una band. In chiave totalmente pop.
Lontano, quindi da tutto quello che il violino ha sempre rappresentato.
Esatto. Ho utilizzato nel disco il violino in una chiave moderna, lontano dalla musica classica, dal folk o dal jazz, dalla celtica, da tutto ciò che il violino è sempre stato nell’immaginario collettivo. Ho voluto dare una nuova impronta e un nuovo stile all’espressione del violino.
Una band con un solo strumento quindi.
Ho voluto che il violino arrivasse ad essere altri strumenti, nel disco senti il basso, la chitarra elettrica, tutto attraverso il suono del violino. Credo che il concetto sia reso perfettamente dai video delle performance live. Vedere il disco permette di vivere un esperienza con tutti i sensi.
Quanto ha contribuito la tecnologia in questo lavoro?
Per me la tecnologia è un altro strumento. Tutti i pedali che utilizzo sono un’altra persona. Oltre a me sul palco insieme al batterista, Puccio Panettieri, c’è la tecnologia. Se potessi la porterei sul palco rappresentata da un ologramma.
Cosa rappresenta per lei questo disco?
Il merito di questo disco è anche di mia moglie. Sono una persona molto critica, soprattutto nei miei confronti. Sono vent’anni che ho voglia di fare questo disco, per mancanza di tempo. Mia moglie mi ha sempre sostenuto, spronato ad andare avanti e non cancellare le cose che avevo creato. Mi ha aiutato a credere in me. Mia moglie è nel disco, è la prima traccia dell’album.
Com’è Andrea Di Cesare sul palco?
La mia musica non è statica, è attiva, in movimento. Sul palco non sono mai fermo, la musica mi trascina. Vedo la mia musica in maniera orizzontale.
Non sei il classico violinista. Dove nasce Andrea Di Cesare la tua passione per questo strumento?
Mio padre è direttore d’orchestra, mi racconta che da bambino piangevo dalla gioia ascoltando il suono del violino. Da lì decise di darmi la possibilità di seguire quell’emozione. Ho fatto, come tutti i violinisti, un percorso classico perchè è l’unica strada. Ma non sono mai stato classico. Da ragazzo suonavo la batteria, ho fatto il cantautore. Di classico dentro di me non c’è mai stato nulla.
Hai lavorato con molti cantautori in passato.
Si, negli ultimi dieci anni ho lavorato con loro per dare dignità e sonorità al violino. Ho “convinto” molti cantanti a far si che il violino potesse essere protagonista in una band. Vedi Max Gazzè, Carmen Niccolò Fabi. E’ stato un orgoglio lavorare con loro, è bello vederli ora con il violino sul palco. Ci vuole personalità a proporre certe cose a persone come loro. Io l’ho avuta.
Quant’è difficile promuovere un progetto simile nel nostro paese?
Credo che all’estero ci sia un’aperta maggiore. Non parlo delle persone, ma dei luoghi. In Italia si preferisce far suonare i cantanti affermati. In Italia, adesso, è difficile portare avanti il mio progetto, perchè è una novità. Io ho riscosso molto successo in Europa, suonerò a breve in Spagna, da dove inizierà il tour. Ho suonato a New York, dove i miei pezzi hanno riscosso molto successo. All’estero, i locali e non le persone, accettano in maniera diversa le novità.
Il suo è un talento da show televisivo o “da strada”?
Da show televisivo credo. I miei concerti sono spettacoli. Vedere una persona che con un solo piccolo strumento suona come una band credo sia una cosa affascinante. Mi sento molto anche “da strada” però, sono certo che avrei lo stesso impatto con uno show per strada.