The Bloody Beetroots a Sanremo 2014 con Raphael Gualazzi: l’intervista

Può essere la sorpresa del Festival di Sanremo 2014. Lui è The Bloody Beetroots e sarà all’Ariston in coppia con Raphael Gualazzi: i brani che presenteranno sono Liberi o no e Tanto ci sei.

The Bloody Beetroots

The Bloody Beetroots

Viene da Bassano del Grappa, ha 36 anni, sale sul palco mascherato da Venom, un personaggio dei fumetti creato da Marvel. Quando sfila la maschera diventa sir Bob Cornelius Rifo. Il suo ultimo disco, Hide, contiene 15 brani e annovera la partecipazione, tra gli altri, di Brooklyn Theophilus London, Paul McCartney, Peter Frampton, Tommy Lee, fondatore dei Mötley Crüe, Martin Glover aka Youth dei Killing Joke e Sam Sparro. Ma, da italiano, ha affidato la cover al fumettista italiano Tanino Liberatore.Pronto per Sanremo?

«Spero di sì. Quando ci siamo incontrati, lo scorso ottobre, avevo espresso il desiderio di lavorare di più in Italia. Ho fatto un concerto lo scorso 11 novembre all’Alcatraz di Milano e spero di tornare in primavera».

Che ci dice del Festival?

«Ancora nulla, è un po’ presto anche se Sanremo è così vicino».

Ci parli di Hide.

«E’ un ponte temporale tra presente e passato per raggiungere il futuro. Credo nella forza citazionistica del passato e io lavoro per tradurla in estetica contemporanea».

Oggi il passato è spesso fonte di ispirazione.

«Ma io non mi ispiro vado alla radice, io torno alla fonte primaria. Do voce alla cultura dimenticata».

La chiave di lettura?

«Ascoltare il disco in maniera analitica, per cogliere le citazioni e la lezione di chi ha scritto la storia della musica».

Un insegnamento.

«Più che un insegnamento uno stimolo per le nuove generazioni: spero comprendano cosa si stanno perdendo non considerando il passato in toto».

Ci presenta la sua community?

«Volentieri. Si chiama The Real Church of Noise. Ci si entra su invito e si parla liberamente di ogni forma d’arte».

Nella sua musica la matrice punk è netta.

«Ancora oggi mi emoziono ascoltando i Clash o i Sex Pistols. Una bella canzone non ha tempo».

In Hide, tra gli altri, ci sono Pete Frampton, Tommy Lee, Paul McCartney: difficile convincerli?

«La parte più complessa è trasmettergli l’anima del tuo progetto. Sono grandi insegnanti, ne esci più ricco umanamente e professionalmente. McCartney e gli altri non avrebbero accettato di collaborare se avessero letto dietro il mio progetto solo business».

Bella soddisfazione.

«Dopo aver lavorato con queste leggende non saprei che altro chiedere alla vita. Rimanere un giorno nello studio di Paul McCartney e vederlo all’opera per scrivere la coda di Out Of Sight la considero una esperienza definitiva».

Ha incontrato personalmente tutti gli artisti che hanno collaborato con lei?

«Non riesco a lavorare senza il rapporto umano, voglio sentire le vibrazioni positive».

L’hanno vista in faccia o hanno incontrato la sua maschera?

«Mi hanno visto. Quando ho scelto Venom non pensavo a lui. Avevo pochi soldi e quella era facile ed economica da realizzare».

Mark Bee

Mark Bee

Il commento del deejay: Mark Bee parla di The Bloody Beetroots
All’anagrafe (se così si può dire) è Sir Bob Cornelius Rifo, meglio conosciuto come The Bloody Beetroots. Nato a Bassano del Grappa, classe 1977, un periodo punk wave alle spalle, 4 album all’attivo, un infinità di remix, la collaborazione con dj del calibro di Steve Aoki o musicisti come Paul McCartney e la presenza ai più prestigiosi festival consacrano uno dei progetti di musica elettronica attualmente più importanti in Italia. Quando è in consolle dalle casse esce un sound pieno, spinge sulle ritmiche techno e sugli acid bassline ma sono le influenze del noise e del punk a creare il suo stile, un marchio di fabbrica facilmente riconoscibile all’orecchio. E’ nato per i grandi dancefloor e per “smuovere” le migliaia di persone presenti ai festival, un progetto che fin dall’inizio ha scommesso tutto sui mercati musicali esteri ottenendo meritati successi e notorietà. Ora il passaggio da Coachella al palco dell’Ariston gli può risultare spiazzante, meglio continuare a indossare quella maschera di Venom che tanto gli ha portato fortuna, magari personalizzandola per l’occasione. E chissà se riuscirà a farne mettere una anche a Raphael Gualazzi.

notespillate

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Giornalista musicale, lavoro a Sky TG24