Esce il 17 giugno “In/cassa”, l’ultimo lavoro discografico de I Moderni, gruppo rivelazione di X Factor 5. Ironica, dissacrante e freaky quanto basta, la band, dopo aver conquistato il disco d’oro per le vendite digitali con “Non ci penso mai” e aver firmato la colonna sonora di Sky Sport per le Olimpiadi di Londra 2012 con “L’estate si balla”, ritorna con dieci nuovi brani più una bonus track per iTunes.
Il disco è stato anticipato dal singolo “Un giorno qualunque”, che la band descrive così: “Prendi Maurizio Lobina e prendi la dance italiana. Aggiungi Andrea Bonato e fai cuocere I Moderni a fuoco lento, lentissimo, quasi in slow motion. Il risultato è Un giorno qualunque”. Una tela dance, nella quale convivono pennellate di melodie pop e veloci tratteggi rap, in una mescolanza di stili, influenze e temi, dal racconto di un viaggio, agli incontri inaspettati, ai cambi di direzione. Nel testo sono cucite rime che si rincorrono e si intrecciano con un ritmo incalzante, in un’esplosione di suoni che consegna questo brano ad un pubblico trasversale. E, se è vero, come disse Oscar Wilde, che il pubblico “perdona tutto tranne il genio”, c’è da scommettere che ai quattro ragazzi torinesi, che hanno infiammato il palco di X Factor con performances psichedeliche, concederà una deroga.
Perché il titolo “In/cassa”?
In/cassa come dentro alla cassa, quella dello stereo, quella della batteria, quella toracica, dove batte il cuore, dove risuona la voce. Ma anche incassa, incassare: un colpo, un fallimento, una fatica, una delusione. La cassa è anche la grande scatola in cui abbiamo “incassato” tutto il nostro lavoro, la nostra crescita, il nostro creare, tratteggiando il profilo della nostra musica, nella quale ci mettiamo in gioco, mischiando e contaminando vari elementi.
Quanto è importante per voi mescolare generi differenti?
È fondamentale. Veniamo da percorsi molto diversi, dal Conservatorio al Teatro Stabile di Torino, dalla vocal percussion all’acappella. Non sappiamo cosa voglia dire identificarsi con un genere e non vogliamo scoprirlo per ora. Tendiamo ad andare dove le cose che facciamo e sentiamo ci emozionano.
I sound dei vostri brani rimandano ai paesi anglofoni. Come mai avete scelto di utilizzare l’italiano e non l’inglese per le vostre canzoni?
È stata una sfida, in primis. Pare che tutto suoni meglio in inglese, anche da noi, in Italia. Sarebbe stato, però, artificioso e non autentico improntare un intero album su una lingua che non è la nostra.
Come sono nate le collaborazioni con Maurizio Lobina e Andrea Bonato?
Ci siamo conosciuti a Torino, la nostra città. Con Andrea durante un aperitivo, mentre con Maurizio durante un documentario sui gruppi musicali torinesi. Eravamo stati invitati da Emiliano dei Linea 77 e il docufilm era girato da Marco Ponti. Ci siamo piaciuti a prima vista, tanto da provare quasi subito le selezioni per “Sanremo Giovani” con Rivoluzionario. Non le abbiamo passate, ma quella canzone ha gettato le basi per una collaborazione duratura.
Nella cover dell’album siete immortalati mentre venite presi a pugni. Da chi?
È un prenderci a pugni a vicenda, dalla vita, dalle false promesse, dalle critiche che ci hanno affossato, ma che ci hanno permesso anche di risalire. E poi è un omaggio alla copertina di un album dei Moderat, una band che stimiamo molto. Le foto che sono contenute all’interno dell’album ricordano, invece, Lars Von Trier nel suo “Nymphomaniac”.
Quanto conta per voi il look?
È fondamentale, fa parte del gioco. Ci prendiamo in giro e lo facciamo anche negli abiti che indossiamo. L’importante è sentirsi a proprio agio e comunicare uno stato d’animo; il look, per noi, non sarà mai sinonimo di stile a tutti i costi.
Che ricordi avete di X Factor e come avete affrontato il passaggio dal palco al lavoro discografico?
Il talent ci ha insegnato a soddisfare nel più breve tempo possibile le esigenze del pubblico, mentre questi due anni ci sono serviti a farci capire quali fossero le nostre di esigenze e le nostre aspettative su di noi. Conserviamo bellissimi ricordi legati a X Factor e ci spiace non vedere più Elio, il nostro mentore, nel programma.
A proposito, cosa pensate dei nuovi giudici?
Ci piacciono molto, credo che ognuno di loro intercetti uno “zoccolo” di pubblico differente e, per questo, il cast funziona. Siamo molto curiosi di scoprire come se la caveranno!
“Un giorno qualunque” si apre con una domanda: “dove stiamo andando?” Ecco, dove stanno andando I Moderni oggi?
I Moderni vanno verso tutte quelle direzioni che li stimolano e che danno loro la sensazione di accrescere la loro creatività. Sostanzialmente, andiamo dove ci porta la nostra poliedricità, che sia l’EuroDance o l’essere testimonial di una campagna contro l’omofobia, un progetto al quale teniamo molto.
La vostra musica ha scelto di farsi portavoce di un messaggio? Se sì, quale?
Nel nostro album sono presenti numerosi riferimenti legati al prendere le distanze dai pregiudizi e al condividere liberamente l’amore, come ad esempio in “Rivoluzionario” e in “Stereo-tipo”.
Potendo sognare in grande, con quale artista vi piacerebbe collaborare?
In assoluto Jovanotti, un artista poliedrico, credibile in tutto ciò che fa e capace di evolversi.
Progetti futuri?
Abbiamo tantissima voglia di cantare live. Ci piacerebbe confezionare uno show che rispecchi la fatica, di studio e di lavorazione, fatta in questi anni. Tutte le date, radio e live, saranno presto disponibili sulle nostre pagine social.