Gli Hikobusha sono Davide Gammon, Paolo Zangara, Stefano Maurizio e Gianmarco Jama Ferrario. A fine 2014 è uscito il loro terzo disco ufficiale, Disordini, anticipato dal singolo Obliquità. Abbiamo intervistato la voce della band lombarda, Davide.
Il nome della vostra band è particolare, cosa vi ha ispirato?
Il nome è la storpiatura di un termine giapponese, Hibakusha, che significa sopravvissuto. Lo abbiamo scelto perché ci piaceva l’idea di resistere in questi tempi difficili. Ormai sono dieci anni che facciamo musica e quindi, per ora, siamo riusciti nell’intento.
Dal 2005 a oggi, quanto è cambiata la vostra musica?
Tantissimo. Innanzitutto, io sono l’unico a essere rimasto dalle origini del progetto perché negli anni il gruppo ha visto diverse collaborazioni e vari cambi, sia dal punto di vista delle persone, che da quello delle sonorità e delle influenze. Eravamo in tre, poi siamo diventati cinque e adesso quattro. Inizialmente eravamo influenzati di più dalla new wave, ora dalla musica anni ’70.
Chi scrive i testi?
Nel primo disco, Dinosauri, i testi erano totalmente scritti da me. Ora il risultato è l’elaborazione di un gruppo di persone e della collaborazione tra me e Paolo Zangara.
Come nasce una canzone?
Dalla lettura di un libro, dalla visione di un film o una scena particolare sull’autobus. Qualcosa che vedi fuori di te, ma che senti molto intimo.
Ci può presentare Disordini?
E’ il nostro terzo album ufficiale e chiude la trilogia delle D. La definiamo così perché tutti e tre i nostri dischi iniziano con la D: Dinosauri, Discoregime e, appunto, Disordini. Sono dieci brani, più la bonus track, che spaziano da lenti ad altri decisamente più veloci e più rock. Questo disco è il modo di chiudere un viaggio che parte dalla dimensione estremamente personale (in Dinosauri) e che tenta di andare in una direzione più sociale e di costume (in Discoregime). Disordini è un mix, un tentativo di mettere insieme una dimensione più intima e quella più relazionale, senza dover cercare per forza un concept. C’è il maggior numero d’influenze e di sperimentazioni dal punto di vista di suoni e degli arrangiamenti.
Quali sono le vostre influenze musicali?
Siamo tutti abbastanza diversi come ascolti, come provenienze e influenze, quindi parlo per me. Un mio grosso punto di riferimento dal punto di vista compositivo e musicale è sempre stata la scena alternativa australiana e inglese. Uno degli esponenti maggiori è Nick Cave e poi, motivo di particolare orgoglio per me e per tutto il gruppo per la sua presenza al disco come ospite speciale, Hugo Race che ha collaborato per anni con Nick Cave.
C’è una band italiana che vi piace in modo particolare?
Per quanto mi riguarda, una band che mi piaceva tantissimo ma che non suona più è Six Minute War Madness con Paolo Cantù, personaggio fondamentale per l’alternativismo italiano, e Giorgio Ciccarelli che ultimamente è uscito dagli Afterhours. Se dovessi citare una band attuale, sceglierei i Ronin con cui abbiamo avuto la fortuna di suonare tempo fa. Gruppi di nicchia ma estremamente attenti dal punto di vista della proposta.
In questo disco ci sono anche due voci femminili.
In Dinosauri abbiamo avuto la nostra prima collaborazione con una cantautrice milanese molto brava, Maria Lapi. Anche questo è stato un po’ un tentativo di tornare a collaborare con delle donne che fanno rock, in una maniera più evidente e presente. L’idea era quella di far collaborare persone che sentiamo vicine, sia a livello umano, che quello artistico. La scelta è caduta su delle donne perché ci interessava far sentire che in questo panorama musicale ci sono anche tante persone che si stanno muovendo e producendo ottimi risultati anche nell’ambiente femminile.
C’è un concerto in particolare che vi ha segnato?
Abbiamo suonato un po’ in tutte le condizioni: dal locale più scalcinato alla provincia più dimenticata, eppure, proprio in situazioni in cui non ci aspettavamo attenzione, siamo stati accolti con grande entusiasmo. Sono quelle le situazioni che ricordiamo con più affetto, perché siamo stati ascoltati con più attenzione rispetto a locali dove c’è più l’abitudine di ascoltare proposte alternative.