E’ uscito il 12 gennaio il disco della chitarrista barese Simona Armenise. Oru Kami è un solo set che cita l’assorta solitudine dell’artigiano o meglio del piegatore e vanta la collaborazione di Ares Tavolazzi (storico bassista degli Area e session man per Francesco Guccini, Antonello Venditti, Paolo Conte, Eugenio Finardi, Vinicio Capossela, Enrico Rava, Danilo Rea, Paolo Fresu per citarne alcuni). L’abbiamo intervistata e ci ha parlato del suo progetto.
Oru kami è il titolo del suo disco appena uscito. Che cosa significa?
Oru kami sono le due radici della parola “origami” che è una parola giapponese. “Oru” significa piegare e “kami” sia carta sia Dio. Si gioca su quest’ambiguità di piegare la carta e piegare Dio. Il vero senso è che così come un foglio di carta bianco può diventare qualsiasi cosa nel momento in cui lo pieghiamo, quindi un origami, la mia musica inizia in una certa maniera e si trasforma in altro. Il senso dell’origami è quello della trasformazione, come se la musica fosse un foglio di carta.
Come mai questo titolo? E’ legata alla cultura giapponese?
La mia passione per il mondo giapponese nasce dall’adolescenza con i manga (fumetti) e gli anime (cartoni animati). Tutto ciò mi ha portato a entrare in questa cultura e, infatti, mi piacciono la cucina giapponese e la scrittura.
A proposito di scrittura, in copertina il titolo dell’album è scritto in modo verticale per poi continuare in orizzontale. E’ stato fatto per sottolineare ancora di più questa cultura?
Ha senso più che altro grafico, anche se la scrittura in verticale voleva richiamare quella giapponese.
Come si può definire questo disco?
Un disco che indaga il suono e la ricerca perché è il mio approccio alla musica. C’è un concetto d’improvvisazione che è esteso molto agli effetti sonori e all’elettronica, però nel risultato finale sembra che questa musica descriva dei viaggi e delle immagini. Potrebbe essere una sorta di sound track, ma non com’è solitamente intesa, bensì come descrizione di emozioni, viaggi e visioni.
A lei piace molto l’improvvisazione, basti pensare al gruppo di cui ha fatto parte, i Ten Meters Underground, che si fondeva proprio su quest’attività.
Purtroppo questo progetto si è chiuso, però era basato sull’improvvisazione. L’intento, quindi, era creare una musica che fosse una fusione di jazz, rock, elettronica lasciando libero sfogo alla creatività estemporanea. Mi piace avere un’idea iniziale che però si può sviluppare in maniera totalmente libera.
Oru Kami vanta della partecipazione di Ares Tavolazzi. Come vi siete incontrati?
Io amo la musica progressive anni ’70 e un gruppo come gli Area ha gettato le fondamenta alla musica che noi oggi abbiamo. E’ un gruppo importantissimo che ha avuto come frontman Demetrio Stratos che, a proposito di perimentazione, è stato geniale. Quando gli Area si sono riuniti, ho iniziato a seguirli nei Live. Durante uno dei concerti a Bari lasciai ad Ares Tavolazzi un disco dei Ten Meters Underground, in seguito mi misi in contatto tramite Facebook e mi fece i complimenti. Mentre continuavamo a sentirci, io stavo lavorando su Oru Kami e gli mandai dei provini che a lui piacquero molto e proprio in quel momento gli chiesi se gli andasse di fare la feauturing del disco. Lui è stato subito molto disponibile, ci siamo visti a Bari, abbiamo registrato ed è stata un’esperienza fantastica.
All’interno del disco ci sono undici tracce più una video bonus. Come mai quest’aggiunta?
E’ un ulteriore regalo per chi compra il disco, ma c’è anche un altro motivo. A volte ci s’interroga su come un chitarrista possa fare tutto da solo ed io ho voluto mostrare come lavoro e come gestisco la mia musica e le mie attrezzature.
Parte del ricavato della vendita del disco sarà devoluta a Emergency.
A Bari abbiamo un nutrito gruppo di volontari che fa parte di Emergency e tra questi ci sono anch’io. Emergency è una grandissima e serissima organizzazione che si occupa di offrire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. Adesso sono presa da questo progetto e non ho molto tempo da dedicare all’associazione, ma se posso sostenerla a modo mio, lo faccio volentieri.
Insegna ancora?
Sì, sono titolare di cattedra alle scuole medie con indirizzo musicale.
Che ne pensano i suoi studenti del disco?
Non lo conoscono molto perché quando sono a scuola non mi piace essere narcisista e parlare del disco, però qualcuno mi ha contattato su Facebook e si è complimentato.