E poi ti ritrovi a non saper che dire. Forse perché più che il detto ora manca il non detto e, quello che non abbiamo avuto tempo di dirci. E quello che non mi dirai più. Perché, un po’ alla chetichella, hai scelto di andare nel Parnaso, con i tuoi amici poeti. E magari ora, mentre io scrivo e tanti ti cercano allungando le mani nel nulla (me compreso) cercandoti, sei lì che realizzi uno dei tuoi sogni.
Ricordo che nei nostri viaggi nel tempo e nei continenti, viaggi un po’ salgariani, visto che avvenivano tutti intorno a un tavolo, a casa, spesso al Barolino, qualche volta al Clorofilla o in altri luoghi di passaggio ma di buone bottiglie e buoni cibi, più volte mi hai detto: “Se potessi tornare indietro nel tempo, andrei in Palestina, circa duemila anni fa, per vedere che combinava quel cappellone”. Ora forse siete vicini. La tua indomita fierezza intellettuale ti porterà a disquisire con lui di ogni argomento, tra un calice di Friulano, a te tanto caro in apertura di pasto, e un calice di Ormeasco, difficile da trovare ma che qualche volta, sulla tavola, siamo riusciti a mettere.
Alberto ricordo le nostre camminate sull’argine, ricordo quando dovevo passare a prenderti e tu eri sul cancello pronto andare (e guai a non essere puntuali)…ricordo quella sera a Mantova quando all’alba eravamo ancora tutti a tavola con di fronte una distesa di bottiglie e un salame che non finiva mai. Penso alle cene a casa tua con tuo cugino Guccini. Ricordo quando mi dicevi delle tue poesie, di quelle pubblicate e di quelle cui stavi lavorando per un prossimi libro. Ricordo i caffè la mattina e le chiacchiere alla Fenice. Ricordo la tua cagnolina Sila (o Shila). Mi hai fatto conoscere Malamud, Haruf, Roth, Rulfo, Louise. Mi hai portato nel mondo dei nativi americani. E pure in Siberia a cacciare i lupi e a scoprire un mondo ignoto, almeno a me. Ci mandavamo messaggi licenziosi e ogni volta borbottavi perché non mi sforzavo a fare endecasillabi. Li ho quasi tutti quegli sms…a luci rosse: li ho riletti più volte in questi giorni, come più volte mi sono fermato sulla tua fotografia.
Ci siamo visti non molto prima che tu chiudessi la porta della mente. E della vita. Guardo la libreria (e penso alla tua, sterminata, magica) e vedo i libri che tu mi hai consigliato, che ho divorato o rigettato. Ma che sono lì. Che bellezza La Trilogia del Minnesota di Vidar Sundstøl! Di Williams invece io ho amato Stoner e tu Butcher’s Crossing…perché nell’animo eri un po’ cowboy, selvatico e sospettoso. Ma buono. Dolce con la tua nipotina, paterno con tuo figlio Alessandro, affettuoso con tua nuora. Proprio ieri sera c’era Inter-Sampdoria. Noi due…contro! Capita ogni tanto. Ho vinto io…ma avrei anche perso con gioia se la contropartita fosse stata una tua telefonata di sberleffi. A proposito: non ti ho mai sentito suonare la chitarra…e questo mi spiace. Ricordo la poltrona sulla quale leggevi e la cucina di casa dove mi hai permesso di entrare come tuo aiutante nelle succulente cene che, talvolta, preparavi. Il tuo piccione al forno…una meraviglia! E l’erbazzone? Bagnato con un fresco e spumeggiante Lambrusco scioglieva la chiacchiera. Ora forse sono anche un po’ patetico…lo so, ma che devo fare? Ciao Alberto, ovunque tu sia ti auguro la compagnia di buone vendemmie e buoni libri. Sapere che stai bene mi fa stare meglio. E pure un po’ sorridere.