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L’anti-biografia degli Zen Circus: un “vaffa” tutto da leggere

Esce oggi il primo romanzo anti-biografico degli Zen Circus, scritto in collaborazione con Marco Amerighi. Il titolo? Un chiaro e diretto “Andate tutti affanculo”, come l’omonimo album del 2009 che li portò sotto i riflettori della musica italiana. Il gruppo pisano – composto da Andrea Appino,  Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli – ha presentato ieri sera all’Eataly Smeraldo di Milano il libro. Pubblicato da Mondadori, “Andate tutti affanculo” non è solo un romanzo, ma l’incontro e l’intreccio tra un gruppo disfunzionale di amici che attraverso la musica vuole definire sé stesso, e un’Italia a cavallo tra due millenni in cerca di nuove strade da percorrere.

Zen Circus (credit  Magliocchetti)

Zen Circus (credit Magliocchetti)

di Alberto Dotti

Il libro vuole raccontare i vostri vent’anni di vita. Come siete riusciti a ricordarvi tutto?
Per anni abbiamo esorcizzato la noia dei viaggi ricordandoci a vicenda eventi, fatti, pillole di vita. Dopotutto si tratta delle avventure di tre stronzi in giro per l’Italia. No?
Com’è stato scrivere questo libro?
Difficile dirlo, ci abbiamo messo un annetto. C’è stato anche un momento in cui si pensava che non ce l’avremmo fatta, avevamo sottovalutato il fatto che c’erano venti anni di vita da raccontare. Sai, più volte abbiamo sentito frasi come “La vita degli Zen pare un romanzo”. Eh. Facile dirlo, un po’ meno realizzarlo. C’è voluto del tempo, ma è grazie a Marco se alla fine ce l’abbiamo fatta.
Un po’ una terapia di gruppo?
Assolutamente sì. È stata una ricerca lunghissima. Ci piace definirla “anti-biografia” proprio perché affrontare la nostra storia – non solo quella della band – è stato più difficile di quanto pensassimo. Spesso abbiamo parlato dei cavoli nostri, ma li abbiamo sempre filtrati con la musica. Raccontarsi invece attraverso un romanzo è stato diverso. Alla prima rilettura del libro siamo rimasti tutti spiazzati: forse non eravamo ancora emotivamente pronti a ciò che ci avevamo messo dentro.
È interessante come nel romanzo la vostra storia sia parallela a quella del nostro Paese.
È tutto intrecciato. Non abbiamo mai voluto parlare troppo di noi, nemmeno nelle nostre canzoni. Si parla del Paese, di come le cose stiano cambiando, delle generazioni di oggi… ma anche di quelle di ieri. Poi in realtà dal nostro romanzo emerge soprattutto la provincia, la difficoltà di chi arriva da una città medievale – Pisa – diversa dalle grandi città.
La vostra vita è singolare. Credete che anche altri, se lo volessero, potrebbero fare i vostri stessi passi?
Se avete voglia di fare schifo, farete la nostra fine. Poco ma sicuro. Scherzi a parte, non abbiamo mai avuto molta dimestichezza con parole come “successo”. Ci importava suonare, nient’altro. Il successo per noi era arrivare a casa con una cassa di birra. O riuscire a pagare l’affitto. Scusateci l’immagine da piccoli fiammiferai.
Ci sono alcuni passaggi nel libro che sembrano perfetti per la sceneggiatura di un film. C’è qualcosa che bolle in pentola?
Ci penserà chi di dovere al nostro trapasso. Ne siamo certi.
Siete pisani doc: come mai in questo libro perché non emerge la vostra toscanità?
È stata una scelta nostra. Non volevamo che il libro si schierasse eccessivamente in quella parte d’Italia.
Ci sono dei tocchi toscani, dei gesti, dei modi di fare, quello sì. Ma il libro è assolutamente “neutro”.

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Giornalista musicale, lavoro a Sky TG24

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