Il musical “Balliamo sul mondo”, scritto e diretto da Chiara Noschese con i più grandi successi di Ligabue, sarà al Teatro Nazionale di Milano fino al 27 ottobre.
Due atti e venti canzoni per raccontare le vicissitudini, gli intrecci, i sorrisi e le difficoltà di un gruppo di amici nell’arco di un decennio, che segna il passaggio dalla vita da liceali al mondo dei “grandi”. Lo spettacolo si sviluppa tra due capodanni: quello del 1990 e quello del 2000. Le luci si abbassano, cala il silenzio e sulle note delicate di “Ho messo via” si dà il via a una storia che ci farà battere il cuore: “Balliamo sul mondo” non è – come si può immaginare – il musical di Ligabue, ma la storia di un gruppo di giovani di provincia che – nello storico e iconico “Bar Mario” – si racconta attraverso le canzoni di Ligabue. Quella del Liga non è una semplice colonna sonora, ma anzi, un supporto alla narrazione, un vero e proprio faro sulle vite, gli animi e i pensieri dei 13 protagonisti. Una scenografia semplice ma d’impatto, accompagna i vari attori e le loro vite sul palco. Durante il primo atto siamo alle prese con il Capodanno del 1990: per i protagonisti è il primo da maggiorenni e l’ultimo da liceali. Emergono sin da subito le tensioni e le difficoltà di un vero gruppo di amici. Nonostante questo, la festa non tarda ad arrivare e la prima notte del nuovo decennio diventa magica: tra chi vuole cambiare e chi vuole restare così com’è, sulle strofe di “Certe notti” vengono espressi i desideri per il nuovo anno. Uno fra tutti è il rivedersi dieci anni più tardi sempre al Bar Mario, per festeggiare il Capodanno del nuovo
millennio. È qui che inizia il secondo atto: i nostri ragazzi devono fare i conti con gli anni trascorsi e i loro vissuti. Cambia l’atmosfera, cambiano le dinamiche: dall’ingenua spensieratezza degli anni del liceo, si passa al peso delle responsabilità della vita adulta: insomma, è il “peso della valigia”. Il tutto si conclude con la rottura della quarta parete sulle note di “Tra palco e realtà”: i protagonisti si tolgono i costumi di scena e ci ritroviamo a tu per tu con gli attori che cantano un medley dei più grandi successi di Ligabue. Tutto il teatro diventa un Campovolo in miniatura. L’intero pubblico è coinvolto nello spettacolo: le dinamiche dei protagonisti arrivano tanto ai ragazzi quanto a chi ragazzo non lo è più… e che forse, per una sera, può tornare a esserlo. Si parla di amori che nascono e amori che finiscono, di carriere che faticano a decollare, di amicizie e di futuro, il tutto in una leggerezza mai superficiale. Il contributo di Ligabue è riscontrabile soprattutto nei dialoghi dei ragazzi, oltre che nell’accurata scelta dei brani. Il risultato è un’armonia perfetta, una giovane simbiosi tra teatro e musica, che ci riporta negli anni ’90. Questi ragazzi ci insegnano che – come dice il Liga – «La vita è un po’ più forte del tuo dirle ‘Grazie no’». È un fiume che scorre e anche se le ripide spaventano, navigarlo è e resta l’unica opzione. La corrente ci porta sempre più in là, ci basta solo procedere, magari – perché no – “Senza paura”.