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Bruce Springsteen a San Siro: tutto Born in the Usa e la premiere mondiale con Good Golly Miss Molly di Little Richard

Springsteen sul mega schermo a san Siro

Bruce Springsteen a San Siro

Bruce il matto. Bruce il genio. Non rispetta le regole. Si è addirittura concesso il lusso di arrivare a Milano in treno. E chi l’avrebbe mai detto con i divi di casa nostra che pretendono l’autista per attraversare la strada? Appuntamento a San Siro per 60mila. Mentre su Milano calavano le prime ombre della sera. Un po’ Nick Carter e un poi Chandler. E’ la sua quinta volta a San Siro: “Ognuno mi lascia un profondo segno del cuore, il primo fu “Born in the Usa” e stasera in memoria di quella serata vi faccio tutte le canzoni del disco”.

E’ partito bene, rispettando le prime quattro canzoni della scaletta, ma su di lui non si può fare affidamento. Ed eccolo cominciare e pescare tra la moltitudine del prato cartelli con richieste improbabili, compreso un ignoto, ai più, Good Molly Miss Golly di Little Richard: mai fatto, una premiere mondiale-e rientrare a casa con “Loose ends” richiesta dal pubblico.

Un concerto di Bruce, e io qualcuno l’ho visto, è sempre un viaggio nel buio di una

America da american dream. Ci sono rabbia e amore, passione e storia, sudore e profumo di crosta di pane. Lui, vestito di nero, ha una voce che graffia anche i pensieri, riesce a stare fermo per poco. E il suo popolo fermo mai. Ha aperto la serata con “Lands of hope and dream” poi “My love is not let you down”, “Out in the street”, “American land”, “Good golly miss Molly”, “Loose ends”, “Wreckin ball”, “Deah to my hometown”, “Atlantic City”, “The rivers” e poi ecco “Born in the Usa”.

Ma non è finito il concerto quando si sono spente le note di “Mi hometown”. E’ andato avanti, il Boss, ancora per un’ora. Alla fine è stato sul palco per tre ore e mezza senza un attimo di tregua. Non sono mancate tra le altre “The rising” e “Badland”. Gli intermezzi col pubblico da lui voluto sul palco: una vera lezione per i divi di casa nostra che dal pubblico stanno disatnti almeno due metri. E quindi “Born to run” ha introdotto a un finale pirotecnico con “Twist and shout”, una infinità ed elettrizzante “Shake” e poi, dopo avere presentato la sua band e avere omaggiato, con commoventi immagini, il compagno di viaggio Clarence Clemmons, ha congedato tutti ed è rimasto da solo sul palco, con la sua chitarra e la sua armonica per una versione acustica di “Thunder road”.

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Giornalista musicale, lavoro a Sky TG24