Si intitola “Be” il nuovo album dei Beady Eye, la band creata da Liam Gallagher sulle ceneri degli Oasis. Dei quali, al momento, non è prevista alcuna rinascita. Ma proprio la convinzione con cui Liam ha detto “no” quando lo abbiamo incontrato nel suo hotel a Milano, può valere un sì. Note Spillate ha trascorso circa un’ora con la band, una intervista senza censure ma con la netta sensazione di avere di fronte gente che avrebbe preferito essere altrove. E’ la terza volta che incontro e intervisto Liam e ogni volta mi trovo di fronte una persona sempre più insofferente. Anche se, diciamolo, quando si mette a inventare musica diventa un piccolo maghetto.
Mister Gallagher ci presenti “Be”.
E’ cambiato il suono, siamo evoluti.
Grazie al nuovo produttore?
Con Dave Sitek abbiamo fatto roba cosmica, abbiamo ampliato il ventaglio dei nostri suoni. E’ miglior produttore col quale ho lavorato.
La cover in Inghilterra è stata censurata.
Che tristezza. I capezzoli li abbiamo tutti ma c’è ancora chi si scandalizza. Si tratta di una copertina con bei colori. Lo scatto è suggestivo.
Ultimamente ha il veleno facile per parecchi suoi colleghi.
Ho una grande bocca che è destinata a diventare sempre più grande.
Con Robbie Williams ce l’ha in modo particolare.
la musica è superata dai gesti da clown.
Lui replica?
Non mi interessa. Piuttosto che prendere consigli da lui mi sparo nelle palle (il termine usato era un po’ più colorito, ndr).
In un Festival di Glastonbury eravate sullo stesso palco.
Suonano musica vera, a Glastonbury e noi Oasis lo facevamo. Poi è apparso un tizio che si è messo a fare cose strane, era Robbie Williams.
Il cambio di sound può allontanare un po’ di pubblico?
Per me non è una preoccupazione e comunque “Be” non è un cambio di direzione ma un ampliamento di quella già intrapresa.
La critica si è divisa.
Mi piace vederla spezzata, capisco che scrive dopo avere ascoltato il disco e chi scrive senza averlo fatto. Il nostro termometro è il pubblico.
Sarete in Italia il 6 luglio a Pistoia.
E’ la sola data italiana, ci piacerebbe farne di più, speriamo di recuperare più avanti.
“Shine a light” ha lo stesso titolo di una canzone dei Rolling Stones e del documentario su di loro firmato da Martin Scorsese: punti di contatto?
Nessuno.
Le piacerebbe un docu-film sugli Oasis?
No e non è in programma. Come a oggi non è in programma alcuna reunion.
“Be” sarebbe stato migliore con Noel?
E’ un disco molto libero e non si può essere liberi con Noel. Lui è un accentratore, si crede pure produttore. Dunque la risposta è no.
Si sente schiacciato dal peso del mondo?
Qualche preoccupazione ce l’ho ma non la vivo come un peso. Sono tranquillo e mi diverto.
Ascolta musica?
No.
Di nessuno tipo?
Non ne ascolto. Qualcuno dovrebbe regalarmi un i-pod.
Almeno va a qualche concerto? Che non siano quelli dei Beady Eye, ovviamente.
Siamo andati a vedere George Michael e poi a un techno rave a Parigi.
I concerti caratterizzano la crescita di un gruppo o di un artista?
Bob Dylan ci ha messo tempo ha trovare un suo stile. Lo stesso vale per performer quali Johnny Rotten o David Bowie. I concerti sono termometro oltreché evoluzione.
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