Renzo Rubino torna a Sanremo. E stavolta lo fa passando dalla porta principale, quella che introduce nell’universo dei Big. Nel 2013 si è piazzato al secondo posto tra i giovani, lui sorpresa di Area Sanremo, e ora Fabio Fazio lo ha voluto di nuovo, segno di continuità e fiducia per questo ventiquattrenne pugliese di Martina Franca.
Note Spillate lo ha incontrato, ha ascoltato il suo nuovo disco, Secondo Rubino, in uscita il 20 febbraio che contiene le due canzoni sanremesi, Ora e Per sempre poi basta.
Titolo profetico, Secondo Rubino?
«Vorrei arrivare quarto, sul podio Frankie Hi-Nrg, Senigallia e Arisa».
Contento di tornare all’Ariston?
«Sono orgoglioso e meravigliato della mia partecipazione. Sapevo che Warner voleva presentarmi, ma non ne ho fatto una battaglia».
Però ci andrà.
«E sono contento. Soprattutto per la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto. E poi per Fabio Fazio che ha una sensibilità particolare, umana e artistica, e dunque sono doppiamente fiero di esserci».
Chi deve ringraziare?
«La mia famiglia, i miei musicisti, Area Sanremo, il mio mentore Andrea Rodini. E poi per il lavoro del nuovo album Carlo Avarello dell’Isola degli Artisti. E tutta la Warner, ovviamente».
Cosa ricorda del 2013 e del successo de Il postino (amami uomo)?
«Conservo solo immagini: alcune facce del pubblico, una improvvisata al Palafiori con i miei musicisti, Antony and The Johnson che mi confessa di essersi emozionato ascoltandomi. Ancora oggi, in alcuni momenti, credo sia stato tutto un sogno».
Ci parli del brano Ora.
«E’ una nuova apertura al mio modo di scrivere, ti invita a guardarti allo specchio, ti mette di fronte a te stesso: cosa puoi fare per te stesso se sei infelice? La risposta è l’amore. Partendo dal fare bene il proprio lavoro dal perseguire scelte giuste senza mai tralasciare la componente affetto. Subiamo la crisi dei valori e dunque affidarsi a chi ti sta vicino è la soluzione migliore per vedere la luce».
Poi c’è Per sempre e poi basta.
«Nasce da una delusione affettiva: non c’è malinconia, valorizza il ricordo. La melodia cambia e cresce con il racconto. Ma tutto il disco è pieno di memoria, di vissuto: riflette sul presente senza dimenticare il passato».
Una canzone la ho intitolata Mio.
«E’ nata perché con la prima popolarità sono diventato di tutti mentre in realtà non sono di nessuno, spesso neanche mio. In questo anno mi sono tanto arricchito ma ho perso molto, sono più solo, e vedo amici che mi guardano con occhi diversi, non tutti, quelli storici sono gli stessi di sempre».
Lei ha un periodo nei night…
«E’ vero, suonavo allo Showgirl di Fasano. Esiste ancora».
Ci tornerebbe?
«Eccome, ma per un mio concerto tradizionale. Nel quale inserirei un momento dedicato alle fanciulle, come in quel periodo».
Che musica suonava?
«Erano le ragazze che decidevano la scaletta. Le fasi erano tre: la discesa, via il reggiseno e via la mutandina. Spesso la sequenza era Vivimi della Pausini sulla comparsa, Vivo per lei sul seno e la Turandot di Puccini sullo slip, con un illuminante “all’alba vincerò”. Era un Moulin Rouge pugliese e ci si andava anche solo per divertirsi».
Al Festival non si va per divertirsi…
«Io sì… sperando nel quarto posto».