di Leo Valenti
Lo devo ammettere, sono di parte. Un po’ perché sono affascinato dal suono del “portoghese” e un po’ perché le contaminazioni musicali le trovo sempre molto interessanti.
Ammetto anche che Cesaria Evora su di me ha sempre avuto una certa presa e quindi l’idea di ascoltare dal vivo, per la prima volta, Mayra Andrade, spesso paragonata all Evora, già in partenza mi ha ben predisposto all’ascolto. La musica capoverdiana ( morna, coladeira, funanà, batuque), nata dal incontro di varie etnie, ha ritmi africani, ricordi di fado portoghese e sonorità brasiliane.
Mayra Andrade reinterpreta con il suo stile la musica della sua tradizione, ammiccando a tradizioni dei paesi attraversati. Sarà che, come figlia di diplomatico, ha viaggiato molto (ora da anni vive a Parigi) il motivo per cui nella sua musica si miscelano suoni e ritmi differenti insieme a lingue diverse, canta in creolo capoverdiano, portoghese, inglese e francese.
Al Blue Note di Milano ha presentato il suo quarto album “Lovely difficult” (novembre 2013) è già dal primo brano le contaminazioni musicali, prima citate, prendono forma in una splendida canzone d’autore “Le Jour se Lève” (con lo zampino di Yeal Naim). Cambi di ritmi e cambi di lingua con una fantastica “Ilha de Santiago” e una coinvolgente canzone in creolo “Ténpu Ki bai”, per poi passare all’inglese con “We used to call it love” .
Personalmente ho apprezzato molto la versione live di “Les mots d’amour” (autore Tété considerato la versione francese di Jeff Buckley ) un brano in cui ho gustato bene le sue doti artistiche…Un ottimo live, un ottima interprete capace di coinvolgere bene il pubblico ed interagire in modo molto piacevole con gli spettatori (ha fatto cantare anche il pubblico del Blue Note). E’ stato un viaggio musicale attraverso differenti sonorità guidate dalla voce di Mayra Andrade, bravissima a evocare ritmi di paesi differenti e a raccontare la sua storia.