Damien McFly non è solo un cantautore veneto ma un’onda musicale travolgente che nasce dall’unione tra un sound che ti prende l’anima e un timbro che ti ruba il cuore. Il 15 ottobre 2015 è uscito l’album “Parallel Mirrors” (etichetta Ferrari Records), anticipato dal singolo “New Start”. Damien ha riscosso grande successo all’estero grazie al recente tour che lo ha portato in molte nazioni tra cui Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Olanda e Germania. L’album “Parallel Mirrors” è un concentrato di pop e folk che si sviluppa in dodici brani dal suono ricercato e originale rompendo i classici schemi musicali e dando nuova linfa vitale alla musica italiana, mai come in questo momento così vicina a quella straniera. L’abbiamo intervistato.
È appena tornato da un tour europeo, com’è andata? Com’è stato esibirsi sui palchi di tutto il mondo?
È andata molto bene. Ogni tour è diverso ma è stato bello incontrare persone in posti lontani che seguono la tua attività fin dall’inizio, sono sensazioni che ti porti dentro e ti danno moltissima ispirazione. Il pubblico varia di città in città e riuscire a capirlo e a fare un buon concerto in ogni posto non è facile, ma l’esperienza ti fa crescere come artista.
“Parallel Mirrors” non è stato registrato in studio ma all’interno di ville e teatri, come mai questa decisione?
Io sono anche un tecnico audio e non volevo chiudermi in studio per un mese intero, così ho preso la mia attrezzatura e ho registrato ogni brano in un posto diverso, creando anche una storia a livello sonoro per il disco. Inoltre, c’è da dire che gli strumenti contenuti nelle canzoni sono tutti acustici, quindi dare la possibilità alle note di “vibrare” su pareti diverse arricchisce moltissimo il suono.
Il disco contiene dodici brani molto intensi, personali e riflessivi, quando e come sono nati?
Sono nati nel corso di due anni. All’inizio neanche pensavo di fare un disco intero, ma un semplice EP, poi più viaggiavo, più venivo ispirato, così sono nati anche gli ultimi cinque pezzi, a quel punto ho deciso di creare un vero e proprio album. Il disco racconta esperienze personali e rapporti che ho vissuto con persone in giro per il mondo o che si sono ritrovate immerse nella mia realtà. Alcune canzoni parlano del passato come “The taste of rain” e “New Start”, altri sono brani d’amore come “I can’t reply”, “Release me” racconta una relazione complicata.
Se dovesse descrivere l’album con tre aggettivi, quali sarebbero e perché?
Ricco, raffinato e riflessivo. Ricco perché il sound è d’impatto, raffinato per gli arrangiamenti che ho cercato di renderli ricercati e infine riflessivo perché i testi parlano di vita vissuta e sono molto autobiografici.
Le sue cover caricate su YouTube hanno riscosso un grandissimo successo, come mai ha deciso di non inserirne neanche una all’interno del disco?
Non le ho inserite per separare le cose. Dopo quattro album di cover era arrivato il momento di creare qualcosa di mio e di far concentrare anche il pubblico su ciò che so scrivere.
Quali sono i suoi artisti di riferimento e le influenze musicali?
I miei artisti di riferimento sono senza dubbio i Mumford and Sons, Ben Howard e Tom Odell, mentre le mie influenze vanno dal rock dei Muse e dei Queen al metal degli Alterbridge passando per il folk pop dei The Lumineers.
Nel dicembre 2014 ha pubblicato il video di “New Start”, ha in programma di realizzarne altri per i brani del disco?
Sì, in Inghilterra è stato già pubblicato un video per “I can’t reply” e a breve spero di realizzarne un altro che verrà annunciato quanto prima.
C’è un brano dell’album a cui è più legato? Se sì, perché?
Ultimamente sono molto legato a “The Taste Of Rain”. E’ un pezzo che parla di redenzione e di ammissione di colpe legate al mio passato, un modo per giustificare me stesso e provare a correggere ciò che non è andato per il verso giusto.
“Reflection” nasce dopo aver ricevuto una lettura da una ragazza…
Detta così suona romantico, in realtà è stata una lettera toccante. Elizabeth ha perso un fratello per colpa del bullismo e nella sua mail mi chiedeva di andare a suonare a un evento contro questo problema che sta affliggendo molti giovani. La cosa che più mi ha colpito è stato il modo in cui sembrava conoscermi nonostante avesse visto solo un mio video.
“Call it freedom” parla di quella libertà che si pensa erroneamente di possedere, come è nata?
È nata dal vedere che molti giovani credono che l’unico modo per sentirsi liberi sia scappare dai problemi. Nel testo parlo di unione e di generazioni. Siamo tutti sotto lo stesso cielo e dobbiamo aiutarci l’un l’altro cercando di creare più possibilità per tutti sia nel lavoro che in tutto ciò che vi ruota attorno.
Progetti futuri?
Per l’anno prossimo sogno un altro tour Americano o Australiano, nel frattempo sto scrivendo, e spero di ultimare il nuovo disco in poco più di un anno.