Il nome è vero il cognome un mistero. Si chiama Marla Green, ha 22 anni, è romana ma soprattutto crea una musica che esula dagli schemi. Riesce a essere ai confini del folk, del pop, del rock, dell’elettronica…sfiora tutto ma non invade nulla riuscendo a essere unica.
Marla questo accento romano che sparisce nelle canzoni?
Mi fa piacere. Ci lavoro molto. Ascolto molto gli accenti anche dei colleghi.
La sua canzone più rappresentativa è Obsession.
E’ nata in modo strano. Facendo colazione ho iniziato a picchiettare sul tavolo e mi sono ritrovata un ritmo e un testo in un paio d’ore. La ho portata al mio mentore musicale Simone Sciumbata ed è nata Obsession.
Ne ha molte? Di ossessioni intendo.
Io le chiamo farfalline. Sì ne ho tante che volano in testa. Vorrei proporla allo Sziget Festival, chissà se mi ospitano sul loro palco.
Sarebbe bello…poi lei canta in inglese.
Ora sto scrivendo un brano in italiano ma il mio repertorio è in inglese. Ho vissuto un periodo a Londra, mi sono diplomata in canto pop.
Perché è tornata a Roma?
Sono di passaggio. Ho bisogno di lavorare qui, di crescere. Fra un anno non escludo di attraversare di nuovo la Manica ma in senso contrario.
Marla è un nome originale…
Lo ha scelto mia madre. Mio fratello si chiama Gilles. Sono nata il 17 luglio: in Italia si dice porti male, in America è il numero fortunato.
Sarà che il suo destino è a stelle e strisce?
Non lo so. Posso dirle che il nome viene da una storia vera. Una ragazza vorrebbe fare la giornalista ma per mantenersi deve accettare anche di fare la modella. Un uomo le mostra interesse, lei non ricambia e lui la sfregia. E’ diventata una paladina delle campagne contro le violenze sulle donne.
Progetti per il 2017?
Serate a Roma, scrivere un bel brano in italiano da proporre per Sanremo 2018, tentare di avere uno spazio al concertone del Primo Maggio e poi Lo Sziget.
Quello torna sempre…
Il mondo che racconto è perfetto per quel Festival. Oltre a Obsession avrei anche Can’t feel my heart.
Scrive molto?
Fin da bambina. Qualunque situazione richiami la mia attenzione cerco di bloccarla su carta. Ad esempio da un sogno è nata l’idea di un concept album.
Scriverebbe per altri?
Sono molto gelosa. Ma per qualcuno sarei pronta.
Due nomi?
Elisa e i Landlord.
Ricorda la sua prima canzone?
Ho sempre masticato musica. Mio padre Adelio ha una azienda che affitta strumenti. Comunque la prima avevo 13 anni ed era dedicata al mare poi è nata Sunshine, direi la prima finita in forma-canzone.
Ascolti?
Dal babbo i Beatles. Lui vide il loro concerto al cinema Adriano di Roma. Li considero di famiglia.
I suoi?
Oggi mi intrigano gli M83 e il loro modo di usare la voce come un synth. Il mito resta Elisa. Poi ci metto Dido e Alanis Morissette. Ma anche Pink Floyd, Radiohead e Depeche Mode. Ho una canzone Anxiety che è molto nel loro stile. Credo che se cantata da un artista internazionale sarebbe da classifica.
Lei è internazionale…
Cresco, studio e tornerò all’estero.
Prima però lo Sziget.
Incrocio le dita e mi appello al 17 nella accezione americana!