Una serata unica quella dedicata alle #cosecheabbiamoincomune: cinque “ospiti” musicali annunciati, gli interventi dell’attore Edoardo Leo, alcune gradite sorprese e “il padrone della festa” Daniele Silvestri hanno accompagnato il pubblico del Forum di Assago in un emozionante viaggio musicale.
Da alcuni anni il cantautore romano ha scelto di giocare con la musica e le collaborazioni che nel corso degli anni hanno segnato la sua carriera: dal riuscitissimo tour e cd con Max Gazzè e Niccolò Fabi alla sperimentazione della scorsa estate al Collisioni Festival con lo stesso Gazzè e Carmen Consoli, che presto sarà replicata in alcune, selezionate date. Un Silvestri sempre consapevole del palco e del pubblico, sempre divertente e divertito, capace di creare un’atmosfera da serata informale tra amici, quelli di sempre, quelli che possono perdersi di vista per anni ma che al primo incontro ritrovano la stessa complicità. Nomi eccellenti e sempre accolti con calore e partecipazione dal gremito palazzetto milanese, che ha intuito perfettamente lo spirito della serata.
Perfetta l’alchimia con Samuele Bersani, sempre a suo agio, perfettamente coinvolto dall’atmosfera festosa della serata: una Giudizi Universali da brividi ha inaugurato le canzoni a più voci, che si alternavano alle esecuzioni “in solitaria” di Silvestri. Le ballate si sono alternate ai momenti in cui il pubblico si è lasciato trascinare dai pezzi più vivaci, in particolare quelli eseguiti da Manuel Agnelli. Se il primo pensiero a lui correlato è oggi quello del suo ruolo di apprezzato giudice della trasmissione X-Factor, i suoi successi restano parte integrante della musica italiana contemporanea: tutto il palazzetto ha accompagnato il leader negli Afterhours nell’esecuzione del pezzo più rock della serata, Male di miele – cantata in duetto con Silvestri e ballata da un pubblico scatenato – e di Non è per sempre, tra le canzoni del gran finale. Unica l’intesa con Max Gazzè e Niccolò Fabi, sia nei duetti, sia nelle esecuzioni delle canzoni nate dall’unione delle tre voci: da Sornione a Spigolo tondo passando per La favola di Adamo ed Eva e Lasciarsi un giorno a Roma. A volte i tre sembrano quasi improvvisare nel loro cantare provocandosi con ironia, ma sono solo indizi della genuinità di un rapporto che va ben oltre il palco e la comune passione per la musica. Struggente il duetto con Carmen Consoli sulle note de L’ultimo bacio, solo voce e piano, per arrivare a toccare le corde più profonde delle emozioni del pubblico. La cantantessa, unica presenza femminile sul palco, non delude: con la sua voce dal timbro unico – a tratti dolce, a tratti graffiante – sa gestire perfettamente ogni nota, facendo trapelare con eleganza le emozioni. Tra le sorprese della serata, Diodato – già tra le collaborazioni eccellenti di Acrobati – che ha prestato la sua voce proprio per Pochi giorni, featuring già testato nell’album.
Un lungo momento conclusivo ha visto tutti gli artisti presenti in contemporanea sul palco: ognuno era parte di un coro d’eccellenza nelle esecuzioni dei grandi successi degli altri compagni di serata. Si inizia con Aria, pezzo che unisce triste consapevolezza e flebile speranza, cantato quasi in un sussurro collettivo. E ancora – naturalmente – Le cose che abbiamo in comune, con alcune divertenti personalizzazioni basate sui legami personali, passando per i grandi successi di ogni artista. I due pezzi che sempre chiudono i concerti di Silvestri, sono stati protagonisti anche di questa grande festa collettiva: prima Cohiba, il tributo a Che Guevara sempre capace di animare la folla, e l’irriverente Testardo, con un’intro di Edoardo Leo impegnato in una fintamente seria analisi della celebre strofa “de li mortacci tua”, gridata a pieni polmoni da tutto il pubblico nei momenti clou della canzone.
Ad accompagnare gli artisti sul palco, un gruppo di musicisti, tra solide certezze e nuove illustri collaborazioni, più volte ringraziati nel corso della serata: Piero Monterisi (batteria), Gianluca Misiti (tastiere), Gabriele Lazzarotti (basso), Duilio Galioto (tastiere), Sebastiano De Gennaro (percussioni e al vibrafono), Daniele Fiaschi (chitarre), Marco Santoro (fagotto, alla tromba e ai cori); a loro si sono aggiunti stabilmente Rodrigo D’Erasmo al violino, Fabio Rondanini alla batteria e Ramon Jose Caraballo Armas alla tromba e percussioni.
Non sono mancati naturalmente i riferimenti ad alcune cause che da anni contraddistinguono l’impegno sociale di Silvestri: in primis Every child is my child – progetto che unisce decine di artisti in favore dell’infanzia colpita dalla guerra in Siria – ricordato da Edoardo Leo con un toccante intermezzo ad hoc, ricordo delle stragi più impattanti dell’ultimo decennio, della canzone La mia casa. E ancora L’appello, pezzo che – a 25 anni dalla morte di Paolo Borsellino – fa risuonare ogni volta più forte il ricordo del sacrificio e dell’impegno quotidiano di migliaia di donne e uomini contro le mafie. L’Associazione Agende Rosse anche in questa occasione ha distribuito i foglietti rossi rappresentativi del famigerato taccuino del giudice siciliano, scomparso misteriosamente nel giorno del suo attentato. Tutto il parterre ha sventolato i simboli color carminio, simbolo della lotta antimafia e della ricerca di una faticosa verità che continua ogni giorno, che nella serata di ieri ha assunto ancora più significato, data la presenza speciale di Salvatore Borsellino, fratello del giudice e notissimo attivista.
La platea era preparata, attenta, partecipe: Silvestri già nei suoi account social aveva anticipato alcuni elementi della serata, creato la giusta attesa, lasciato qualche indizio, raccontato il filo rosso che lo univa agli altri artisti che avrebbero diviso con lui il palco. Ieri sera i legami e le storie che uniscono gli interpreti sono stati lasciati alla musica, alle note e soprattutto al pubblico. L’obiettivo di Daniele Silvestri forse era proprio questo: ogni persona presente alla serata ha vissuto le sue personali percezioni, ha creato il suo percorso tra le canzoni e le emozioni, ha ritrovato un pezzo di sé, cercando semplicemente di vivere le cose che abbiamo in comune.