Le luci si spengono, come tradizione, su The Ecstasy of Gold di Ennio Morricone e la festa inizia con HardWired: i Metallica fanno ballare per la seconda sera Bologna, una festa lunga quasi due ore e mezza e 18 canzoni, cui si aggiunge un omaggio a Lucio Dalla, in una Unipol Arena strapiena, che ha abbracciato il palco, per una volta centrale, che sembrava un’arena gladiatoria.
Anche chi non ama, o conosce poco, i Metallica, super band nata nel 1981 e che ha venduto oltre cento milioni di dischi, dovrebbe assistere, una tantum, a un loro. Molti fan erano gli tessi della prima data di Bologna, per stare vicino James Hetfield, Lars Ulrich, Kirk Hammett e Robert Trujillo: un palco che, posto al centro del palazzetto, dava una parvenza di normalità. Ma non è stato così, anche se le grosse sorprese sono arrivate dall’alto, attraverso decine di cubi giganti, che ricordavano i televisori di una volta, che si univano, dividevano, scomponevano e ogni volta si illuminavano o mostravano immagini che commentavano le canzoni. Dalla pancia del palco, elevato di oltre un metro, sui fan, sono apparsi piccoli droni, che hanno creato un effetto aureola e lucciola vagante molto suggestivo. Non sono mancate le fiamme, ma soprattutto non è mancata la musica.
A Torino, sabato 10 febbraio, i Metallica hanno omaggiato Vasco Rossi, lunedì 12, nella prima data bolognese è arrivato Volare di Domenico Modugno, nell’ultima data italiana, ancora nel capoluogo dell’Emilia Romagna, il tributo è andato a Lucio Dalla con le note di Caruso. Il pubblico ha apprezzato, è partito anche qualche fischio, va detto, perché si è scelto ti sfidare la sacralità di un artista intoccabile a…casa sua. Forse si poteva ricordare Dalla con una canzone meno impegnativa, non sarebbe stato difficile, visto il suo ricco e intenso repertorio.
Il concerto decolla davvero al terzo brano, Seek & Destroy: qui il pubblico oscilla come un’onda lunga in un mare ventoso e ci sono i primi accenni del pogo, che, sul finale diventerà più intenso, coinvolgendo alcune zone del parterre, come tante macchie di leopardo. Now That We’re Dead è una forza della natura, con tutti è quattro i Metallica alle percussioni, quattro parallelepipedi usciti dal nulla e che avevano le sembianze di forni a induzione. Dal nulla escono anche i droni: si aprono quattro botole sul palco e appaiono questi oggetti volanti identificati di piccole dimensioni, di dispongono prima ad aureola, poi come impezziti, vagano sulla testa della band. Per rientrare, educatamente, nel ventre del palco. Intanto si susseguono, tra le altre, Confusion, Fuel e Moth in Flame. Ormai la folla è incontenibile, oscilla e canta, e i Metallica, con le loro chitarre e il basso che sembrano indemoniati li accompagnano verso un finale fatto di One, Master of Puppets, Spit out the Bone, una straordinaria Nothing else matter per salutare trionfalmente con Enter Sandman.