Esce, venerdì 13 aprile, il nuovo progetto discografico di Noyz Narcos intitolato Enemy. Noyz Narcos analizza lo scorrere della vita quotidiana nel quartiere con una disarmante genuinità, senza censure o false ipocrisie. Ancora una volta il suo stile è unico e inimitabile e riesce a creare un album composto da 13 inediti e 2 tracce bonus. Dal 13 aprile inizierà da Monza Enemy in store tour, che toccherà tutte le principali città italiane. Questo album anticipato dal singolo Sinnò me moro. Lo abbiamo incontrato e intervistato per farci raccontare dell’album e per capire un po’ le sue intenzioni per il futuro.
Partiamo dalla domanda che tutti ci stiamo facendo, sarà veramente il tuo ultimo progetto discografico?
Dopo tanti dischi che fai, ci sono tanti rapper che si ripetono, è difficile fare album e continuate a rinnovarsi.
Che farai, dunque?
Non ho ben chiaro cosa voglio fare, probabilmente farò altro non riferito alla musica, magari rimettermi a tatuare potrei aprirmi un locale fuori dall’Italia. Per quanto riguarda la musica trovo che sia un po’ triste quando vedi quei cantanti che affievoliscono o si vendono.
Cosa è cambiato?
Quando ho iniziato a fare musica io era tutto diverso, non si sapeva ancora quale era il modo giusto di fare questo tipo di musica, gli artisti di oggi si sono trovati una strada più semplice perché avevamo già spianato il terreno noi. Non mi trovo più con il genere che sta andando adesso, è difficile parlare il linguaggio degli ascoltatori più giovani.
Dove sta la distonia?
Il rap oggi è più pop. Quello che metto io nei dischi non è più quello che mettono oggi. Io sono fortunato perché mi è andato bene, mi piacerebbe andarmene con stile prima di degenerare.
Perché hai intitolato l’album Enemy?
É una conseguenza agli album Guilty e Monster, come fosse una trilogia horror, il fatto che questo album esca venerdì 13…Essendo un grafico sono legato alle lettere.
Chi è il nemico?
Posso essere io, può essere chiunque si può mettere contro di me.
L’album è anticipato dal singolo Sinnò Me Moro, omaggio alla cantautrice romana scomparsa Gabrielle Ferri, raccontaci di questo brano?
Questo pezzo lo avevo campionato parecchio tempo fa, e non lo avevo mai usato. Sono cresciuto con i pezzi di Gabriella Ferri dentro casa, non parlava solo d’amore, è un tipo di musica che si avvicina di più al rap rispetto a tanta musica italiana. È stata una scelta abbastanza coraggiosa perche il pezzo non è quel solito pezzo che passa in radio, i suoni che ho utilizzato non sono così comuni all’orecchio dell’ascoltatore.
Com’è fare il rapper a Roma?
Ti da tantissimo a livello di materiale ma molto poco a livello di aiuto nella realizzazione. Le tempistiche sono più lunghe. Fai una telefonata è la risposta è: si in settimana ci aggiorniamo, poi ne parliamo…Farlo a Roma è difficile in questi termini. Se però fossi nato in un’altra città non avrei avuto queste ispirazioni, per questo dico che Roma è ricca di materiale, perché riesce ad ispirarmi.
Come hai scelto la playlist e i featuring?
Ci metto parecchio tempo a mettere in ordine i pezzi, il senso di continuità di un disco è molto importante, è importante bilanciare i pezzi a livello musicale. Oggi con l’ascolto della musica in streaming non si da tanta importanza al susseguirsi dei brani, ed è un peccato perché dietro c’è uno studio preciso. Sono partito con l’intro che è un elenco di cose che ti farà capire meglio l’album. Tutti i partecipanti a questo album si sono adattati a me, e non io a loro, ho voluto inserire delle collaborazioni nuove, con tanti giovani perché spaccano, e mi piacciono. Giustamente non hanno il mio modo di comunicare e mi piace.
Tra i feat. c’è Capo Plaza.
Ho voluto mettere in mezzo delle nuove leve. In questo brano fa un ritornello, io non sono appassionato dei ritornelli, preferisco fare le strofe, per questo ho preferito affidarlo a chi questa roba la cavalca bene, con gli amici e i colleghi ho già fatto tanti pezzi e in questo album ho voluto sperimentare.
Spesso i rapper vengono paragonati ai cantautori, cosa ne pensi di questo paragone?
I rapper sono molto meglio dei cantautori, sono tra i pochi che scrivono e cantano, oggi i rapper sono meglio perché non cantano solo d’amore ma parlano di tutto, e scrivono loro ciò che vogliono dire.
Cosa pensi del rapporto che c’è oggi con i soldi?
Alla fine sono la cosa che tutti vogliamo, quando ho iniziato, a differenza dei colleghi di adesso, noi volevamo fare musica per fare musica non per i soldi, ora i ragazzini fanno musica per fare i soldi. Giustamente chi si vuole spaccare la schiena per tutta la vita? Soprattutto un ragazzino. Se lo fai solo per i soldi dopo un po’ ti si snatura tutto. Se ora mi proponi di fare un disco per i soldi lo posso anche fare, ma io prima ho avuto modo di fare musica per la musica. Adesso finalmente si raggiungono numeri impensabili, sono contento per loro, siamo stati sfortunati noi a nascere prima è giusto che i giovani facciano i soldi. Prima si faceva un tipo di musica che onti piaceva il rap, ora ti viene “venduto” un pacchetto carino e orecchiabile, prima non era assolutamente business ora è commercializzare il rap.
Oggi c’è il rispetto per chi è arrivato prima?
Si c’è molto rispetto, alcuni dei mie featiring mi hanno detto che sono legati con la mia musica. Se sei uno che nel 2018 ancora spacchi i giovani lo riconoscono. C’è un featuring con Rkomi, lui mi piace molto si avvicina a me, non per le liriche o rime ma per il pischello che è abbiamo potuto condividere esperienze simili. Tra i nuovi è uno di quelli che mi ha colpito particolarmente. Anche Achille Lauro ha un modo di raccontare Roma diverso dal mio è mi piace molto, mi cita anche Roma è bella dice il re.