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Prog & Classical, una serata magica: la recensione

di ANDREA DOTTI

Un pomeriggio inatteso quanto coinvolgente all’Auditorium di Milano. Sul palco salgono una sessantina di pregevoli orchestrali dell’Orchestra Sinfonica di Milano, cui si aggiungono tre vocalist di spessore e quattro virtuosi strumentisti per tastiere, basso, chitarra e percussioni. Lo sguardo non sa davvero dove posarsi.

Obiettivo della serata, diretta dal Maestro Giovanni Marziliano, era semplice e impegnativo al contempo. Ovvero: ripercorrere un tema musicale degli anni 70, la convergenza tra generi musicali apparentemente distanti tra loro. Il titolo “Prog & Classical”, che voleva sintetizzare il dialogo tra il colto “progressive rock” e la solida formazione classica di chi lo interpretava negli anni 70, non poteva che riflettersi nell’aspetto dei presenti: magliette rock coperte da eleganti cappotti. Il perno di questa compenetrazione è Fabio Mancini, organista e pianista classico, docente, appassionato finanche di musica rock. Un talento eclettico, che ha mostrato di trovarsi a suo agio in questo magico mix.

Notevole anche la performance di Roberto Tiranti, cantante raffinato, bassista (ex New Trolls); un’artista policromo che ha attraversato tre decenni di musica pop e rock offrendo una rara armonia tra bella voce e sensibilità strumentale. Non certo da meno: Matteo Giudici (arrangiatore, compositore e strumentista) che alterna con disinvoltura chitarra classica ed elettrica e Tobia Scarpolini, primo violoncello dell’Orchestra Giuseppe Verdi di Milano, qui in veste di batterista. L’evento si apre con un omaggio ai New Trolls, che nel 1971 tentano un raffinato connubio tra musica classica e rock con il “Concerto grosso”. Spicca la magistrale interpretazione del primo violino Luca Santaniello, con un emozionante assolo. Agli archi si contrappongono batteria, basso e chitarra elettrica. Il toccante adagio “Shadows” vede protagonista l’assortito trio vocale; a seguire ecco “St Peters Day”, sempre dei New Trolls, brano melodico venato da tinte drammatiche. Il tributo al progressive rock del gruppo genovese si conclude con “Le Roi Soleil”, un travolgente brano in cui ai fraseggi strumentali rispondono voce solista e coro: se non ne conoscessimo gli autori, diremmo forse sia stato scritto da Freddy Mercury! Una pausa ci divide dalla seconda parte, se vogliamo ancor più impegnativa: una rivisitazione di “Pictures at an Exhibition”, opera del 1971 degli Emerson Lake & Palmer, qui sapientemente arrangiata da Ivan Merlini. Si tratta di una reinterpretazione della celebre opera di Musorgskij, che vede il Maestro Mancini fisicamente impegnato nel contendersi tra organo Hammond C3 (che tenerezza quelle gambe lavorate al tornio!), tastiere e sintetizzatori Moog. Stupisce vedere un musicista dalla colta formazione accademica cimentarsi con fraseggi ed effetti sonori puramente rock: segno che anche gli autori (ELP) avevano una solidissima base classica, assai meno ricorrente nei gruppi di pop-rock di oggi. Si chiude il concerto ma il pubblico reclama a gran voce qualche replica. Viene accontentato da un omaggio di Fabio Mancini al grande Keith Emerson, seguito dall’apertura del Concerto Grosso Numero 2. Col pubblico in buona parte alzatosi ad applaudire, il Maestro Marziliano ripropone un estratto da “Pictures at an Exhibition” che, complice una davvero indovinata regia fonica, vede gli archi prevalere sugli strumenti rock, quasi fosse una rivincita…Si lascia l’Auditorium con gioia pura segnata venata da un pizzico d’amarezza, ovvero con la consapevolezza che questo raffinato incontro tra prog music e classica, avvenuto cinque decenni orsono, sia stato frutto di pura ed irripetibile magia.

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Giornalista musicale, lavoro a Sky TG24

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