Giovedì 1 febbraio i Mesudì, a quattro anni dalla nascita del gruppo, presentano a Roma il loro primo album dal titolo “Nodi” (Moonlight Records/Ird). Il concerto a quattro voci (e percussioni) si terrà nel noto live club capitolino, L’Asino che Vola, alle ore 22.Sul parco i Mesudì (Claudia Ugenti: voce, percussioni; Francesca Flotta: voce, percussioni; Elisa Surace: voce, chitarra, percussioni e Simone Pulvano: percussioni, voce) e gli ospiti: Nando Citarella: voce, percussioni, Iacopo Schiavo: chitarre, Domenico Provenzano: voce e Federica Torrice: voce.
Nove tracce che si presentano come “nodi” di un’unica maglia, nove racconti accomunati dalla ricerca sull’uso della parola, del suono e dei timbri percussivi. Voci e percussioni rappresentano infatti la cifra stilistica della band, che si affida ad essi scandagliandone le molteplici possibilità espressive e di arrangiamento: la voce racconta, suona, si trasforma in ritmo, i tamburi diventano all’occorrenza tracce melodiche a sostegno del canto. In questo modo i brani si presentano ognuno con una forte identità sfiorando e facendosi influenzare da più generi e forme musicali. Rap, canzone d’autore, folk, elettronica, convivono in questo lavoro discografico in cui rimane comunque evidente la fonte di ispirazione da cui Mesudì attinge: la passione e l’amore per la musica di tradizione orale e per il mondo da cui essa proviene. Il disco per intero è infatti permeato da stilemi, forme ritmiche ed espressive appartenenti al repertorio popolare italiano. Il dialetto calabrese e il romanesco, che rappresentano la traduzione linguistica delle due anime del gruppo, vengono poi utilizzati come principale strumento compositivo; alcuni testi, seppur scritti in italiano, ruotano intorno ad antichi proverbi, ninne nanne e preghiere. Inoltre, accanto ai brani originali sono presenti nella tracklist un omaggio a “Occhi Turchini” – canto tradizionale di Mesoraca rivisitato in chiave “elettronica” – e “Matri a tocchi”, personale rielaborazione di due canti appartenenti al filone carcerario, uno romano e l’altro della siciliana Rosa Balistreri.
Il lavoro polifonico e poliritmico con cui il gruppo concepisce le proprie composizioni e con cui si esprime nelle performance dal vivo, si arricchisce in studio della presenza di ulteriori strumenti che donano sfumature e nuovi colori: l’organetto di Alessandro D’Alessandro in “Scafuliandu” suggerisce nuove soluzioni armoniche ad un andamento melodico tradizionale; le chitarre di Iacopo Schiavo sostengono le trame ritmiche in “Quando rimo” e concedono armonia e flamenco in “Voca sia” e “Matri a tocchi”; i marranzani e la voce di Nando Citarella restituiscono il senso di ossessione in “Improcondria” mentre il contrabbasso di Mauro Gavini dona sostegno armonico e caratterizza il groove di “Occhi turchini” ed “Eppure era così”. La voce di Domenico Provenzano, con la sua interpetazione, tinge di autentico “Voca sia” e quella di Alessandra Di Magno si unisce al “disturbo polifonico” di “Eppure era così”.
Aprono e chiudono questo lavoro discografico due brani, “Anvaca” e “Gianna e Peppi”, che riportano Mesudì alla loro dimensione originaria, alla loro “nudità musicale” fatta di voci e tamburi. La supervisione artistica di “Nodi” è affidata ad Alessandro D’Alessandro che ha seguito e curato tutte le fasi di produzione.